Mia madre, ogni giorno, può bere solo mezzo litro di acqua. Assenza. Essenza.
Anche senza accorgercene ci confrontiamo con l’assenza e cerchiamo l’essenza. Le persone, quotidianamente, si misurano con se stesse. Si fermano un attimo davanti al proprio volto e si domandano: “Chi sono?”. Assenza ed essenza, spesso, giocano in coppia l’una di fronte all’altra, si compenetrano, sono capaci di plasmare il mondo.
Il progetto nasce da una conversazione, uno scambio a distanza di informazioni e di idee avvenuto durante un periodo molto particolare: l’anno appena trascorso. Poco per volta abbiamo sostituito le parole con delle immagini che potessero contenerle e travalicarle. Si è delineato un lavoro che è diventato lo specchio dell’anima. I gesti e le consuetudini diventano codici abbandonati, cicatrici e ricordi, trasfigurazione dell’essere e dell’esistere. Immagini concrete e indispensabili, i ritratti (o l’assenza di ritratti) finiscono per lasciare il posto a immagini oniriche, oblique, che segnano un contrappunto frammentario, interrogativo, dove spazio e tempo alterano il loro significato. Si delinea un percorso teatrale, sotterraneo e profondo, che mette in risalto la fragilità in maniera ancestrale, primitiva. Guardarci dentro e trovare noi stessi è sicuramente uno degli aspetti fondamentali dell’essere umano, un’operazione lunga, complessa, tortuosa, incessante, che spesso si avvale dell’assenza per arrivare all’essenza. A volte la bellezza umana si cela nel caos, qualcosa terribilmente legato al materiale, all’esistenza fisica che poi si eleva nel ricordo, nell’eterno. Due dei versi conclusivi di “Sulla Luna”, poesia di Gianni Rodari, recitano: “sa sperare l’impossibile / anche quando è disperato”. La Luna non è solo un satellite nello spazio, è anche e soprattutto la componente romantica capace di ispirare e suscitare emozioni. Diventa il trampolino che il poeta utilizza per far uscire la verità.
L’assenza non è solo una mancanza fisica o strade vuote e distanza. L’assenza può essere un luogo, uno studio, una palestra, una caverna dentro di noi. Un posto amico dove entrare, da riconoscere e accettare. Una via di fuga, attraversare una stanza buia, poter aprire uno spiraglio, un momento da utilizzare per ascoltare, per risvegliare qualcosa che già è presente, intuire l’essenza.
Mia madre, ogni giorno, può bere solo mezzo litro di acqua. La memoria dell’acqua.
Orario apertura
Lunedì
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Martedì
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Mercoledì
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Giovedì
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Venerdì
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Sabato
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Domenica
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Dall’11 giugno al 4 luglio
Indirizzo & Contatto
Indirizzo
LabArt - Parco Santa Maria, 42121 Reggio Emilia
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