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A volte si incontrano alberi che per la loro vetustà e il loro meraviglioso tronco viene voglia di abbracciarli sperando di carpire qualche segreto di cui sono stati testimoni nel loro lungo passato. Altre volte viene da piangere nel vedere alberi enormi, piantati quasi fossero ancora piantine nell’angolo angusto di un giardino; forse chi l’ha fatto credeva che la crescita sarebbe stata limitata nel tempo, per poi decapitarli, per non farli più crescere. Altre volte sembra che gli alberi invitino a farsi toccare, accarezzare, sfiorare con i polpastrelli la loro corteccia così da avere la stessa sensazione di sfiorare la pelle di un animale, entrare con le dita negli anfratti del loro tronco. Alcune volte i tronchi sembrano parti di un corpo e la curiosità ti porta a girargli attorno, chinandosi, avvicinandosi quanto più possibile per osservarne i diversi aspetti.
Bio
Dario Caputo nasce a Santa Cesarea Terme in Puglia. Si laurea a Bologna in Filosofia. Dopo anni di rifiuto della fotografia torna ad interessarsi della stessa dopo la morte del padre e la lettura de “La camera chiara” di Roland Barthes. Il suo esordio al pubblico risale al 2002 a Bologna, dove risiede e dove farà successive esposizioni. Altre città dove ha partecipato ad esposizioni in gallerie o fiere sono: Roma, Reggio Emilia, Lignano Sabbiadoro, Santa Cesarea Terme, Venezia. Nell’agosto del 2008 espone ad Athol in Massachusets (USA) l’intera TRILOGIA composta dalle sequenze “Thief of eggs”, “The silent atomic” e “My Mr. Bloom”. Nel 2013 vince la lettura portfolio alla Casa dei Tre Oci a Venezia. Dal 2014 è socio ordinario del Circolo Fotografico ‘La Gondola’ di Venezia con il quale partecipa alle esposizioni collettive, ha partecipato nel 2019 al Circuito Off della Fotografia Europea di Reggio Emilia cosi anche nel 2020 con mancata esposizione causa covid-19.