Co-prodotta con un contributo economico da parte della Fondazione Palazzo Magnani e Spazio C21, in seguito alla vittoria del Circuito Off durante l’ultima edizione di Fotografia Europea, la mostra nello spazio San Zenone presenta un’installazione di quindici fotografie a colori dalla serie “Interno”; un progetto fotografico realizzato nell’arco di cinque anni in varie città europee, inizialmente concepito durante la seconda edizione del laboratorio irregolare di Antonio Biasiucci e continuato per altri tre anni in maniera autonoma.
La riflessione inziale per la creazione di questo lavoro, parte dall’annoso dibattito sul rapporto complesso tra immagine e parola. Senza voler dare la palma all’una o all’altra mi sono limitato ad interrogarmi sul potere della prima svincolato dalla seconda, sulla possibilità di creare un corpo di lavoro che non sottostesse ad un copione. Si può raccontare una storia senza una storia? Possono delle immagini bastare per creare un tessuto narrativo con piena dignità?
Prima di questa esperienza avevo realizzato solamente racconti fotografici che si muovevano in un recinto ben preciso, in questo caso mi sono misurato con un tipo di narrazione più libera.
Questa libertà, si è pian piano mostrata in tutta la sua problematicità. In un processo creativo del genere è infatti necessario mettersi da solo dei paletti, molto rigidi, altrimenti il rischio di rimanerne imprigionati diventa molto elevato. Per questo il tutto è stato eseguito con estremo rigore: le immagini sono scattate esclusivamente in interni, a colori, in formato verticale e con una costante essenzialità.
Ho visitato moltissimi luoghi diversi e senza connessione tematica tra di loro, ho lasciato che i miei occhi si muovessero liberamente nello spazio, osservando da cosa fossero attratti. Questa erranza che segue rigidi imperativi, mi ha permesso di trovare una mia misura, una mia distanza dalle cose, edificando pian piano una personale geografia interiore. Il titolo del lavoro, riflette questa doppia dimensione di spazi interni come metafora di luoghi interiori.
Rispetto alla costruzione compositiva e volumetrica, ogni fotografia è sempre stata la risultante di un processo sottrattivo più che additivo: eliminando, decontestualizzando l’immagine si liberava per aprirsi a possibilità interpretative maggiori. L’ambiguità mi interessa molto in questo senso.
Interno è quindi un’opera aperta, che non ha bisogno di un manuale d’istruzioni ma invita alla contemplazione. Suggerisce sempre lo stesso sentimento sinistro, indipendentemente se il soggetto sia animato o inanimato. Tante fotografie che si susseguono quasi a voler formare un rompicapo, cercando i legami silenziosi che accompagnano la stesura di questo percorso.
“La sua ricerca è un viaggio a ritroso nel proprio immaginario, che – oltre la fotografia – si accosta alla psicanalisi, avviando il tentativo terapeutico ed espressivo di usare il medium come uno scandaglio di esplorazione e riconciliazione con sé stessi.
[..] Un colore che surriscalda l’occhio con una materia quasi pittorica e nessuna storia vincolante. Senza un confine preciso, lo sguardo si muove a fatica cercando di inseguire immagini perturbanti, provando a elaborare sogni e intercettare icone, […] una vaga presenza esoterica e occulta che aleggia nella vita quotidiana. La ricerca si affida realmente al medium per incontrare e sublimare la paura. L’occhio estrae l’inquietudine dall’ombra, dalla carne come dal legno, fermandola in un volto femminile, in un dettaglio architettonico, un fiore o una parrucca. L’universo visivo evoca Serrano, i toni coloristici Bacon, il mondo è interrogato in maniera iniziatica, con curiosità e sospetto. Il risultato è a un tempo doloroso e catartico. (Giovanni Fiorentino)
In occasione dell’invito di Fotografia Europea ad esporre un nuovo lavoro, ho pensato ad un’installazione che dialogasse con lo spazio, mantenendo una forte coerenza col carattere estremamente rigoroso del progetto. Per questo, ogni stampa ha le stesse dimensioni, la stessa carta ed è disposta alla stessa altezza come se fosse la bobina di un film srotolata. La dimensione di 90×60 cm, mi sembrava quella giusta perché abbastanza grande da permettere all’occhio di muovercisi dentro apprezzando dettagli e cromatismi, ma abbastanza piccola da garantire l’intimità necessaria alla fruizione di questo lavoro. Le cornici, a filo, sostengono e separano le immagini senza prendere il sopravvento.
La sequenza, segue una logica ben precisa: in ogni passaggio, in ogni dittico c’è l’intenzione di
trovare legami forti seppur non immediatamente comprensibili che facciano emergere qualcosa di irrisolto, una certa tensione.
Ho cercato inoltre, di dare forma ad un ritmo di conferire al tutto una sua musicalità. Pause e vicinanze diventano strumenti narrativi funzionali a quest’intenzione.
La forma installativa, prova quindi a massimizzare le suggestioni, il senso claustrofobico e perturbante che il progetto veicola.
Nato a Roma nel 1984, Valerio Polici inizia un percorso nella fotografia da autodidatta per poi seguire corsi di specializzazione tra Roma, Padova, Parigi, Riga. Nel 2015 viene selezionato per il Laboratorio Irregolare di Antonio Biasiucci a Napoli.
Si avvicina in un primo momento al foto giornalismo pubblicando sulle maggiori testate nazionali ed estere (Washington Post, Newsweek, British Journal Of Photography, L’Espresso), per poi esplorare una dimensione più intima, in cui la fotografia diventa uno strumento essenziale di esplorazione interiore.
Il suo primo libro, Ergo Sum, viene presentato al Paris Photo nel 2016 realizzato in collaborazione con l’artista polacco Rafal Milach e la designer Ania Nalecka edito da Dienacht.
Le sue foto hanno vinto premi (Gomma Grant 2019, Premio Speciale Inside Art 2019, Gran Premio Hasselblad 2018, Premio max Spreafico 2019 tra i vari) e sono state esposte in vari Musei e gallerie, tra cui: La Biennale di Architettura, MACRO, MADRE, Villa Pignatelli, Ex-Mattatoio, La Galleria del Cembalo, S.S.M.A.V.E. Museo Arcos, FIAF, Biennale De La Photographie D’Aubagne, vari festival tra Italia, Turchia, Germania e Portogallo.