Sameer Tawde, Fagioli/Monogawa, Collettivo Artyou, Adriana Iaconcig, Alessandro Zoboli. Visioni alternative, tutte da scoprire
Pratiche che scelgono immagini del mondo per farcene vedere un altro. Che attraverso l’illusione ci parlano di realtà pressanti. Che si mettono di lato, distanti, sopra o sotto obbligandoci a riconsiderare tutto.
Se siete alla ricerca di sensazioni inedite, materiali per l’utopia, argomenti per l’indignazione, questo percorso fa per voi.
Si parte dai “miraggi” di Sameer Tawde. Sembrano costruzioni eteree costruite sull’acqua. In realtà gli “edifici” di “Holy Boulevard” (Toschi Arredamenti) sono rifiuti di plastica che infestano le acque al largo di Mumbai. Tra la loro misteriosa, distante bellezza e la gravità concreta della minaccia ecologica sta un interrogativo inquieto.
Lo stesso che ci assale davanti al progetto “Miraggio d’Oasi” di Pier Luigi Fagioli e Alex Monogawa (Herbe – Food & Drink Vegetale). Questa volta la visione è dall’alto, coglie le nicchie ecologiche del parco del delta del Po romagnolo e ce le restituisce come forme, macchie, grafie di una mappa all’incrocio tra arte e natura.
In “Kaleidoskopio” del Collettivo Artyou (Piazza Antonio Casotti) la figura si scompone, moltiplica, fonde mettendo in discussione certezze e identità con i mezzi del gioco ottico, della stupefazione dinamica e della sperimentazione.
L’invenzione muove anche “prometto di rendere possibile il futuro” di Adriana Iaconcig (via Mari 10) dove le foto realizzate durante un viaggio in Islanda (acque, ghiacci, alture, lande…) diventano porta d’accesso per un’altra dimensione sulle orme del memorabile “Viaggio al centro alla Terra” di Jules Verne.
Da uno spazio cosmico a quello privato della casa in “Abitare” di Alessandro Zoboli (Cartoleria Minerva). Non cambia però il tentativo di superare il dato di fatto. In questo caso quello della disuguaglianza, del degrado paesaggistico e delle forme di resistenza urbana e umana che i mesi allucinati del lockdown hanno dilatato.